Il significato storico di Donald Trump – The Epoch Times

OPINIONE

Il significato storico di Donald Trump

Tratto e tradotto da un articolo di opinione di Mark Bauerlein per The Epoch Times

Sono già passati cinque anni e mezzo da quel giorno e da quella notte di novembre che hanno sconvolto il mondo liberal. So cosa ha fatto ai miei colleghi di facoltà e ai media, ma l’impatto maggiore sugli Stati Uniti non è così chiaro.

Si è tentati di dare la risposta del comunista cinese quando gli si chiede dell’impatto della Rivoluzione francese:È troppo presto per dirlo“. Questa è la visione lunga del marxista, che cerca cambiamenti strutturali profondi nella società i cui effetti richiedono più tempo per materializzarsi, non le piccole riforme o i cambiamenti nelle politiche che iniziano immediatamente a manifestarsi. Per lui, un aumento dell’aliquota fiscale sui redditi alti, un nuovo programma di welfare, una regolamentazione ambientale più severa ed altre proposte progressiste abituali sono solo questo: aggiustamenti delle abitudini, non trasformazioni radicali. Ecco perché i liberal le accettano, direbbe il nostro marxista: perché lasciano intatto l’ordine liberale. Per rompere quell’ordine, o qualsiasi altra egemonia di lunga data, ci vuole tempo e, spesso, misure drastiche.

La reazione isterica a Donald Trump da parte dei liberal, tuttavia, suggerisce che Donald Trump possa davvero significare un’azione radicale che va al cuore delle cose politiche nel nostro Paese. È difficile non crederlo dopo aver visto persone altrimenti intelligenti ed informate scivolare nella “Trump derangement syndorme” e non invece rilassarsi e stare a vedere per quattro anni interi. Non mi riferisco a questioni specifiche che li hanno offesi, come il muro, per quanto controverse. Doveva rappresentare una minaccia più fondamentale. Il fatto che i conservatori dell’establishment la pensassero come i liberal convenzionali rafforza questo sospetto. Donald Trump ha certamente turbato l’élite mainstream molto più di quanto abbia fatto il progressista Bernie Sanders.

A questo punto, forse dovremmo riconoscere che le loro assurde proteste, le fantasie sul Russiagate e le folli idee di sbarazzarsi di lui (per esempio, dichiarandolo mentalmente inadatto) non erano affatto isteriche. Le udienze del 6 gennaio sono un lugubre circo politico, ma per quanto grottesche possano apparire, hanno un obiettivo del tutto razionale: tenere Donald Trump fuori dalle elezioni del 2024. Deve essere fermato. Partiamo dal presupposto che le personalità dell’élite mainstream comprendono bene i pericoli che egli rappresenta e sanno che li mette in pericolo. A me sembra che sia così. Il vecchio slogan femminista “Il personale è politico” si applica qui al contrario: “Il politico è personale”.

Pensate a come lo stesso Donald Trump ha detto agli americani che la politica di partito dei Democratici contro i Repubblicani in realtà non esiste. Come ha dichiarato subito nel suo discorso di insediamento, la leadership di entrambi i partiti formava una fazione a sé stante, e il popolo americano era il loro salvadanaio. Hanno prodotto una carneficina in tutta l’America e si sono riempiti le tasche. Non comprate i loro spettacoli politici e le loro fake news, ha esortato. Washington, D.C. è la patria degli abitanti della palude del partito unico, che stanno prendendo per i fondelli il popolo americano.

Tutte le persone sedute dietro di lui il primo giorno, sia Democratici che Repubblicani, hanno capito immediatamente: “Non è uno di noi e non sarà mai uno di noi“. Donald Trump l’ha messa sul personale. Non potevano evitare di fare il calcolo: “Se lui ha successo, noi perdiamo”. Ha detto ai Grandi Incolti quello che non si dovrebbe mai dire loro, cioè che i loro leader hanno un pessimo curriculum, che le loro lauree della Ivy League non si traducono in una competente capacità di governo e che non si preoccupano del loro Paese e dei loro concittadini – e la gente ha applaudito.

Questo era un male per loro, molto male. Improvvisamente, all’élite e a tutti coloro che vogliono unirsi a loro, è sembrato che la loro sicurezza e i loro mezzi di sostentamento fossero a rischio. Prosciugare la palude e screditare i media avrebbe portato via loro cibo e acqua. La gente non si sarebbe più fidata delle loro competenze. Le qualifiche e le esperienze riportate sui loro lunghi curriculum non sarebbero più stati così impressionanti. Affermazioni come “Sono stato sottosegretario di… sotto il presidente X” avrebbero potuto provocare un sorriso ironico invece che un cenno di riverenza. Queste persone hanno lavorato tutta la vita in contesti iper competitivi per avanzare ed avere successo. Avevano dimostrato la loro eccellenza. Avevano titoli di studio avanzati, incarichi politici e titoli di studio illustri come prova certa, e questo pallone gonfiato dai capelli arancioni ha osato mormorare: “Non sei così speciale”.

Fa di certo arrabbiare, , e ti fa diventare infido. Su questo punto i nostri maestri di destra e di sinistra potrebbero essere d’accordo. Come direbbe il nostro marxista, avevano un sistema da mantenere, fatto da loro stessi, e Donald Trump non lo ha rispettato e non ne è diventato un membro “ben educato”. È questo che lo rende una forza radicale nella storia americana. La costruzione del muro, la rottura con la Cina, i dazi, gli accordi in Medio Oriente, l’indipendenza dal petrolio… hanno irritato alcune fazioni e violato la saggezza di Washington, Sì, ma queste azioni potevano essere gestite politicamente, oppure sconfitte dai gruppi anti-Trump oppure rallentate dai funzionari della palude. Ma quest’altra contestazione, l’incompetenza e la corruzione della folla della Beltway, era diversa. Ha messo in gioco persone vere, che credono di non dover mai essere in gioco.

E come ho detto, si trattava di una questione personale, e questo fa sempre salire il livello della tensione. Quando Hillary Clinton, in un dibattito, ha affermato che una persona con il “temperamento” di Donald Trump non avrebbe dovuto essere presidente e lui le ha risposto “Perché saresti in galera”, l’establishment è rimasto sconcertato, ma non per le ovvie ragioni della sua saccenza, del suo tono poco signorile o dell’insulto poco presidenziale. Questo può essere il modo in cui ha colpito molti americani (alcuni disgustati, altri felici), ma l’élite ha percepito qualcos’altro. Ha detto loro che il loro status elevato non contava più un fico secco. Ha mostrato la sua volontà di prenderli a pugni in faccia con il popolo americano che li guardava. Soprattutto, ha dichiarato che se la sarebbe presa con loro, perché se lo meritavano.

Il significato storico di Donald Trump dipende da questo risultato. Quanti degli abitanti della palude, di lunga data, di alto profilo e ben remunerati, sopravvivranno al populismo di Donald Trump? Quanti saranno ancora al loro posto, a dirigere lo spettacolo di Washington, a gestire il denaro, a sfornare parole, discorsi e interviste, a vincere la rielezione e a tenere lontani gli individui simili a Donald Trump? Hanno certamente perso il loro lustro e una buona parte del pubblico americano li disprezza, ma hanno ancora uno stretto controllo nelle sale del potere. Tra 10 o 20 anni, saranno ancora loro a tenere le redini? Un semplice conteggio delle persone determinerà il vero significato della rivolta delle masse di Donald Trump.

Mark Bauerlein è professore emerito di inglese alla Emory University. I suoi articoli vengono pubblicati su The Wall Street Journal, The Weekly Standard, The Washington Post, TLS e Chronicle of Higher Education.


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